Nel blu, dipinto di blu, si annidano miliardi di microparticelle, tanto piccole quanto dannose. Sono frammenti di plastica di varie forme e dimensioni, e rappresentano una delle peggiori minacce alla salute dell'intero Pianeta.
Erica Cirino, giornalista, scienziata e artista statunitense, ospite del Coliving di Casa Netural, ha voluto regalarci il racconto dei suoi giorni di navigazione sull’ Oceano Pacifico per studiare l’impatto della plastica negli ecosistemi marini. Nel nostro spazio di coworking gremito, Erica ci ha parlato della sua opera di divulgazione.
“We must go and see for ourselves” - “Dobbiamo andare e vedere con i nostri occhi”
Sono le parole di Jacques Cousteau ad aver ispirato il lavoro di questa giovanissima amante della natura, che per 23 giorni nell’ autunno 2016 ha accompagnato un team di scienziati danesi salpati da Los Angeles alla volta delle Hawaii. La NGO danese Plastic Change ha voluto toccare con mano l'entità di quella che viene comunemente chiamata "isola di plastica", e che si pensava fosse una vera e propria isola galleggiante fatta di flaconi, bottiglie e tutto ciò che dagli anni '50 ha sostituito i materiali maggiormente biodegradabili, e per questo considerati meno duraturi.
Sì perchè il successo della plastica è stato determinato proprio dal suo essere leggera e... "eterna". E questo ha permesso a miliardi di persone di abbandonare i vecchi e pesanti contenitori di vetro, ceramica, metallo, a favore dei ben più leggeri (ed economici) contenitori di plastica. Ma con la stessa facilità con cui è entrata nelle nostre case (e nelle nostre vite), la plastica è diventata un elemento persistente di tutti gli ecosistemi, al punto che stanno tornando a riva flaconi di detersivi vecchi di quarant'anni.
E cosa hanno scoperto i nostri amici nel cuore dell'Oceano Pacifico?
Che il disastro è ben più grave. Non stiamo infatti parlando di un accumulo di plastiche voluminose, e quindi facilmente recuperabili. Parliamo di un sistema complicatissimo di micro-frammenti plastici, tanto piccoli da essere scambiati per plancton dagli ignari abitanti marini. L'"isola" è in realtà un "nastro" lunghissimo e profondo decine di metri, costituito da un'infinità di particelle plastiche più piccole di un granello di polvere. La conseguenza inevitabile e disastrosa è che questi pezzettini quasi invisibili ad occhio nudo hanno risalito l'intera catena alimentare, e ne ingeriamo anche noi ogni volta che mangiamo pescealghe o addirittura usiamo sale marino.
Già, perchè questi frammenti sono stati rinvenuti ovunque oramai, dalle profondità degli abissi fino ai ghiacci artici (o nel nostro caso sullo Stelvio!), segno che oramai la contaminazione è globale.
Ma la tragedia non finisce qui: recenti studi hanno dimostrato come i frammenti siano diventati talmente minuscoli da riuscire ad essere trasportati dal sangue dei pesci...fino al loro cervello, alterandone il comportamento.
Ma da dove arriva tutta questa plastica? Esiste qualche cattivone che getta sacchi e sacchi pieni di plastiche dalle navi in mezzo al mare?
No. Purtroppo non esiste nessun colpevole da castigare, ma ognuno di noi ha la sua responsabilità.
Le attrezzature da pesca rappresentano solo una piccola percentuale dei materiali plastici inquinanti nel mare. Erica ci racconta come la maggior parte dei frammenti abbiano per lo più origine proprio dalle nostre case: sono i contenitori, gli imballaggi, gli oggetti usa-e-getta che con troppa noncuranza finiscono nella spazzatura e per i motivi più disparati arrivano nei mari, dopo magari aver giaciuto per anni in un campo abbandonato. Una busta volante nell'aria, una bottiglia lasciata nel bosco o anche solo un lavaggio in lavatrice di capi di origine artificiale, le cui microparticelle finiscono negli scarichi e da lì entrano negli acquiferi.
Insomma un dramma universale destinato a peggiorare. A meno che non iniziamo ad agire concretamente tutti.
In che modo?
Riducendo o annullando completamente l'uso di plastica a partire dalle azioni più semplici del nostro quotidiano. Come portare con sé sacchetti di stoffa e riutilizzabili, contenitori multiuso in cui raccogliere prodotti sfusi piuttosto che prodotti monouso, e rifiutando di acquistare imballaggi.
In realtà non c'è bisogno di un decalogo da seguire, ma basterebbe solo il buon senso. Se fossimo un po' più consapevoli dell'impatto delle nostre azioni sul Pianeta, forse riusciremmo a compiere dei piccoli grandi miracoli che sommati assieme garantirebbero la salvezza dei nostri ecosistemi. Il mondo non è infinito, e soprattutto non è isolato a compartimenti stagni. Ma come recita un vecchio detto "se sputi per aria, ti ricade in testa". E' tempo forse di iniziare a guardare l'orizzonte verso il quale stiamo navigando, per non rischiare di finire spiaggiati inesorabilmente, o meglio soffocati con le nostre stesse mani.
Grazie Erica e grazie al Coliving di Casa Netural per averci regalato una serata di riflessione e ispirazione!
Se volete aiutare Erica nella sua ricerca sulle microplastiche supportate la sua nuova spedizione, sarà un bellissimo modo per starle vicino e ripulire insieme il nostro amato Oceano!